Questo rapporto Atradius su Brexit offre un aggiornamento sulla situazione economica attuale e la prospettiva di insolvenza un anno dopo che il Regno Unito ha deciso di lasciare l'UE.
Riepilogo
- La scommessa di Theresa May per garantire un forte mandato per i prossimi negoziati sulla Brexit è fallita, dopo che il Partito conservatore ha perso la maggioranza assoluta in Parlamento alle elezioni generali del Regno Unito tenutesi lo scorso 8 giugno. Su 650 seggi, il Partito conservatore ne ha ottenuti solo 318,ritrovandosi senza una maggioranza assoluta.
- L'economia britannica ha mostrato una sorprendente elasticità a seguito della decisione di uscire dall'UE, ma un anno dopo la crescita appare sempre più a rischio. L'inflazione è la principale responsabile dato che il mancato aumento dei salari reali ha avuto un impatto negativo sul potere d'acquisto delle famiglie.
- Le insolvenze nel Regno Unito hanno iniziato a crescere a partire dal terzo trimestre del 2016 e dovrebbero continuare ad aumentare del 6% quest'anno e dell'8% nel 2018. I casi di fallimento si concentreranno principalmente nei settori legati ai consumi, quali il settore alberghiero e del retail, e in quelli dipendenti dalle importazioni di materiali, ad esempio l'edilizia.
- Al momento gli effetti sul resto d'Europa sono stati limitati, soprattutto grazie al fatto che le misure di politica interna sono riuscite a frenare le tendenze populistiche, contenendo l'incertezza a livelli accettabili. Tuttavia, per il 2017/2018 continuiamo a prevedere che il numero di insolvenze in Europa registrerà un aumento dovuto all'effetto Brexit, in particolare in quei paesi che hanno stretti legami economici con il Regno Unito, tra cui Irlanda, Paesi Bassi e Belgio.
L'economia britannica si conferma elastica e
stabile, ma l'inflazione inizia a pesare
All'indomani del voto del 23 giugno 2016 che ha sancito la volontà di uscire dall'UE, l'economia britannica si è rivelata sorprendentemente elastica. Dopo lo shock iniziale, la fiducia ha visto una rapida ripresa e i consumi hanno continuato a sostenere una solida crescita economica. Anche il forte deprezzamento della Sterlina inglese ha contribuito asupportare la crescita, favorendo soprattutto le esportazioni. Il rovescio della medaglia è, tuttavia, che la debolezza della Sterlina sta iniziando a pesare sulla spesa al consumo.
La Sterlina ha perso circa il 14% nei confronti dell'Euro e del Dollaro statunitense rispetto a giugno 2016, soprattutto a causa degli adeguamenti immediatamente successivi al referendum. Ciò ha fatto aumentare i costi delle merci importate che, insieme alla risalita del prezzo del petrolio a partire dall'inizio dello scorso anno, stanno facendo salire i prezzi in generale. Lo scorso mese di aprile l'inflazione annuale dei prezzi al consumo si è attestata al 2,7%, il livello più alto dall'agosto del 2013.
Nonostante il tasso di disoccupazione più basso degli ultimi 40 anni (4,6%) e la solida crescita dei posti di lavoro, i salari non hanno seguito il passo dell'inflazione, in parte a causa della crescita relativamente bassa della produttività. A marzo 2017 i salari sono cresciuti soltanto del 2,1% rispetto all'anno precedente, il che suggerisce una contrazione dei salari reali o un calo del potere d'acquisto delle famiglie.
I consumi privati hanno contribuito per l'1,8% alla crescita del PIL rispetto all'aumento totale dell'1,8% registrato nel 2016 (le esportazioni nette hanno annullato il modesto contributo fornito dai consumi pubblici e dagli investimenti fissi). La crescita del PIL ha registrato un rallentamento dello 0,2% nel primo trimestre del 2017, in calo rispetto alla media trimestrale dello 0,6% del 2016: si tratta del dato più negativo registrato negli ultimi quattro anni. Come previsto, il rallentamento ha interessato soprattutto le industrie maggiormente dipendenti dai consumi, quali il settore alberghiero e quello del retail (benché ciò potrebbe essere parzialmente compensato dall'aumento dei visitatori stranieri (+4% nel 2016) attratti dalla debolezza della Sterlina). Inoltre, il tasso di risparmio delle famiglie è a livelli bassi (soltanto il 3,3% nel quarto trimestre del 2016). Va anche ricordato che nel 2017 le condizioni del credito al consumo dovrebbero farsi più restrittive per la prima volta in sei anni.
Alla luce del basso tasso di risparmio, delle crescenti difficoltà di accesso al credito e del calo dei salari reali, i consumi privati dovrebbero rallentare quest'anno. Tuttavia, la crescita economica dovrebbe poter contare su basi più ampie dato che l'aumento dei consumi pubblici e il contributo positivo fornito dal saldo con l'estero, grazie alla maggiore competitività delle esportazioni, sosterranno una crescita stabile del PIL intorno all'1,7%. Gli investimenti delle imprese hanno registrato un risultato migliore del previsto e dovrebbero mantenersi stabili quest'anno, in parte grazie alla natura a lungo termine della maggior parte degli investimenti e alla fiducia nei confronti dell'economia britannica. Tuttavia, con l'entrata nel vivo dei negoziati con l'UE, ci aspettiamo un aumento del clima di incertezza che potrebbe avere un impatto più negativo su consumi e investimenti nel 2018.
Probabile aumento delle insolvenze nel
Regno Unito
Per la prima volta dal 2011, quest'anno le insolvenze nel Regno Unito hanno fatto registrare un aumento (+1%) (2) . Secondo i dati dello UK Insolvency Service, nel primo trimestre di quest'anno 3.967 imprese sono entrate in stato di insolvenza e ciò indica un aumento del 4,5% rispetto allo stesso trimestre del 2016 e del 5,3% su base annuale. Si tratta del terzo trimestre consecutivo di crescita del numero di insolvenze.
L'analisi per settore di attività mostra che, lo scorso anno, i casi di insolvenza si sono concentrati nei settori dell'edilizia, del retail e alberghiero. Il settore edile è, in generale, responsabile della quota maggiore di insolvenze a causa del numero elevato di imprese e della forte concorrenza. Con il deprezzamento della Sterlina, queste imprese sono anche esposte all'aumento dei costi per l'importazione di materie prime. Anche i settori del retail e alberghiero dovrebbero far registrare un aumento dei casi di insolvenza nel 2017 e 2018 a causa del calo dei consumi. Questi settori dovranno anche confrontarsi quest'anno con l'entrata in vigore del National Living Wage (il salario minimo obbligatorio) e con l'estensione alle piccole imprese del meccanismo di iscrizione automatica ai fondi pensione.
Inoltre, le coperture sui cambi, che avevano messo molte imprese al riparo dalle oscillazioni della Sterlina all'indomani del referendum, stanno iniziando a scadere e ciò potrebbe esporre un numero maggiore di imprese all'aumento dei costi di importazione di merci e servizi. Va detto, comunque, che l'andamento delle insolvenze ha visto un miglioramento in alcuni settori. Lo scorso anno la debolezza della Sterlina ha sostenuto il settore agricolo, favorendo un calo delle insolvenze dell'8% in questo comparto. La valuta debole ha anche sostenuto il comparto manifatturiero, in quanto ha reso le merci di produzione britannica più competitive nei mercati esteri. In questo settore i casi di insolvenza sono scesi del 5% nel 2016. Le esportazioni britanniche sono inoltre favorite dalla crescita più sostenuta nell'Eurozona.
Tuttavia, le previsioni di insolvenza per il Regno Unito nel 2017/2018 si confermano negative. I settori dipendenti dai consumi rappresentano una quota elevata dell'economia dal momento che i servizi contribuiscono a circa l'80% dei PIL, mentre il comparto industriale contribuisce soltanto al restante 20%. Prevediamo che la tendenza attuale sarà confermata anche per il resto dell'anno. Il numero totale di casi di insolvenza nel Regno Unito dovrebbe crescere del 6% quest'anno e dell'8% nel 2018.
L'impatto sull'UE è stato finora limitato,
ma le prospettive a breve termine non
escludono ripercussioni
Le temute ripercussioni immediate del post-Brexit sull'economia dell'UE sono state essenzialmente limitate. Si temeva che l'incertezza avrebbe pesato sulla crescita economica dei paesi dell'Unione che hanno stretti legami commerciali e di investimento con il Regno Unito.
Contrariamente a quanto previsto, il livello di fiducia continua a crescere e i mercati azionari stanno toccando nuovi massimi. Inoltre, nel periodo precedente alle elezioni anticipate di giugno, il clima si era fatto meno incerto dato che la situazione della Brexit si era dimostrata più stabile del previsto.
Tuttavia, l’inatteso risultato delle elezioni apre un periodo di ulteriore incertezza. Prevediamo che, con l'intensificazione dei negoziati con l'UE, gli effetti negativi si faranno più marcati, soprattutto finché non vi sarà la certezza della possibilità di raggiungere un accordo. L'impatto negativo è comunque più contenuto rispetto a quanto
previsto a giugno dello scorso anno. La tabella seguente riepiloga gli impatti diretti a breve termine. Per le imprese che commerciano con il Regno Unito, la debolezza della Sterlina si traduce nella forza dell'Euro e, quindi, in vantaggi per gli importatori e in svantaggi per gli esportatori. I paesi o le imprese che hanno rapporti commerciali con il Regno Unito potrebbero anche doversi confrontare con la contrazione della crescita del PIL e l'aumento dei casi di insolvenza sul mercato britannico.
In termini di legami economici e finanziari con il Regno Unito, i paesi maggiormente vulnerabili sono Irlanda, Paesi Bassi e Belgio, seguiti da Francia, Germania e Spagna. In aggiunta agli impatti diretti, l'incertezza crescente potrebbe pesare sul livello di fiducia e sulle condizioni finanziarie nel Regno Unito e nell'UE, con ripercussioni sulle attività dei paesi dell'Unione. L'OCSE ha stimato che ciò potrebbe tradursi nella perdita di 1 punto percentuale sulla crescita del PIL in Europa nel biennio 2016/2018
rispetto allo scenario di riferimento senza la Brexit.
Dal momento che le insolvenze sono strettamente allineate con il ciclo economico, le variazioni nella crescita del PIL hanno un effetto sull'andamento delle insolvenze. Prevediamo un aumento analogo dei casi di insolvenza, in particolare nei paesi maggiormente esposti verso il Regno Unito. L'impatto previsto sull'andamento delle insolvenze da qui al 2018 è riportato nel grafico sottostante, che mostra la differenza nel numero totale di insolvenze dal 2016 al 2018 rispetto allo scenario senza Brexit.
L'Irlanda è chiaramente il paese più vulnerabile, considerati i forti legami economici, geografici e storici, e prevediamo che il numero di casi di insolvenza in questo paese sarà superiore del 2,5%.
L'Irlanda è seguita da Paesi Bassi e Belgio, per cui è previsto un aumento delle insolvenze pari a, rispettivamente, l'1,3% e l'1,2%. I restanti paesi europei presi in esame dovrebbero subire un impatto molto limitato.
A livello settoriale, la Figura 6 mostra una mappa delle principali industrie per paese europeo e prende in considerazione soltanto l'esposizione dell'export verso il Regno Unito.
Nel complesso, il Regno Unito importa dall'Europa una quota significativa di valore aggiunto nel settore della chimica, dei trasporti e dei tessili. Dal punto di vista interno, le industrie che non dipendono dalle esportazioni, quali l'edilizia e i servizi finanziari, sono al riparo da eventuali ripercussioni.
A livello di paese, l'impatto più negativo della debolezza della Sterlina e del rallentamento dellacrescita del Regno Unito si riflette sull'Irlanda (quasi tutti i settori sono colorati in rosso). Anche Benelux e Paesi Nordici appaiono vulnerabili in una vasta gamma di settori di esportazione.
Previsioni
Nei prossimi anni l'economia britannica dovrebbe registrare una crescita costante, benché in rallentamento. In questo momento, l'aumento dell'inflazione, dovuta principalmente alla debolezza della Sterlina, è la causa principale del rallentamento della crescita del PIL e dell'incremento dei casi di insolvenza. Ciò dovrebbe tradursi in un aumento delle insolvenze nel Regno Unito (+6% quest'anno e +8% nel 2018).
La crescita economica nei paesi europei si mantiene costante, benché debole, con un impatto più limitato della Brexit rispetto a quanto previsto. L'andamento delle insolvenze nel resto del continente si conferma relativamente positivo, ma continuiamo a prevedere un lieve aumento dei casi di insolvenza in quasi tutti i paesi rispetto a
quanto si sarebbe registrato se il Regno Unito fosse rimasto nell'UE.
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